Taccuino

(Via dei Condotti, a sinistra l'Antico "Caffè Greco")

Piazza di Spagna

Arrivai a Roma in primavera, il tempo nel quale la scalinata di “Trinità dei Monti” viene ornata di azalee. A via Margutta mi aspettavano gli amici. Raggiunto largo Goldoni girai a via dei Condotti verso piazza di Spagna e superato a destra “Bulgari” e a sinistra il “Caffè Greco” ebbi la visione: sulla scalinata si stendeva un tappeto di seta dalle tonalità porpora. L'intensa gradazione cromatica rendeva opulente ed imperiale il bianco avorio della “Barcaccia”, la magnifica fontana di Pietro e Gian Lorenzo Bernini, anno 1629. Un ricordo indimenticabile. Così, cominciò il mio viaggio alla scoperta della città dell'acqua e delle fontane, circa duecentocinquanta, alimentate da undici acquedotti, i volti segreti di Roma. Quando mi recavo con il Maestro in Osteria per disegnare, strada facendo, tra vicoli e vicoletti, era facile scorgere l'immagine di una fontana con mia letizia ("per letiziar là su fulgor s'acquista"... scrive Dante). Giunti nel Bistrot, i pastelli offrivano la loro conversazione lavorando al pieno di nulla nella corrente della percezione. Il Maestro seppe parlarmi delle osterie con lo stesso affetto di quando parlava dei suoi anni trascorsi a Parigi. Lo ascoltavo estasiata, era inebriante. Le sue parole, un canto di essenze: Guerlain, Chanel, Patou. L'osteria, dunque, come approdo di anime vaganti, infantili, sagge, ieratiche e solenni.

(Cinema "Farnese" a Campo dè Fiori)

Campo dè Fiori

All'inizio del 1970 andai a vivere nei pressi di Piazza Navona, Pantheon, Campo de Fiori e Trastevere. Luoghi incantevoli che hanno regalato alla città di Roma la loro controcultura. Via del Governo Vecchio con “la Casa della Donna” e gli accesi dibattiti giù a basso nell'ampio cortile. Largo Argentina e i radicali che dalla loro radio argomentavano “la legge sul divorzio”. Via dei Giubbonari con la mitica sezione del Pci, Enrico Berlinguer e Botteghe Oscure. Le librerie alternative che sbocciavano. La gente che scendeva nelle piazze. L'appuntamento della domenica a Porta Portese. Le conferenze all'Accademia dei Lincei. Moravia, Pasolini, Dario Bellezza. I cineclub alla Pudovkin. Il Teatro sperimentale nelle umide cantine, Ionesco, Beckett, Grotowski. “Paese Sera” che usciva due volte al giorno. L'Espresso con le critiche di Ripellino. Suoni dal vivo al Folkstudio, Stefano Rosso, Venditti, De Gregori. Poi tantissime “Osterie” come caffè letterari. Un momento così magico che è scivolato nella mia pelle, nelle mie vene. Un giorno presi il 26, quando l'autobus girò per la Salita de' Crescenzi, la vidi. Per me, pettirosso inconsapevole, l'osteria "Armando al Pantheon" diventò un'icona, fu il mio porticciolo. L'osteria era a conduzione famigliare, così è rimasta con Claudio, Fabrizio, Fabiana... i miei cari amici. Che momenti belli da Armando: "Mimma ce sta tu sorella ar telefono", penso a Laura la spilungona, Franco lo stagnaro, Annina cor fijo in Olanda, Menicuccio... L'osteria è un'emozione intellettuale, una idea simbolica, un concetto di gruppo, una parola che scivola in noi come oro liquido e si materializza al contatto dell'anima.