Piazza di Spagna
Arrivai a Roma in primavera, il tempo nel quale la scalinata di “Trinità dei Monti” viene ornata di azalee. A via Margutta mi aspettavano gli amici. Raggiunto largo Goldoni girai a via dei Condotti verso piazza di Spagna e superato a destra “Bulgari” e a sinistra il “Caffè Greco” ebbi la visione: sulla scalinata si stendeva un tappeto di seta dalle tonalità porpora. L'intensa gradazione cromatica rendeva opulente ed imperiale il bianco avorio della “Barcaccia”, la magnifica fontana di Pietro e Gian Lorenzo Bernini, anno 1629. Un ricordo indimenticabile. Così, cominciò il mio viaggio alla scoperta della città dell'acqua e delle fontane, circa duecentocinquanta, alimentate da undici acquedotti, i volti segreti di Roma. Quando mi recavo con il Maestro in Osteria per disegnare, strada facendo, tra vicoli e vicoletti, era facile scorgere l'immagine di una fontana con mia letizia ("per letiziar là su fulgor s'acquista"... scrive Dante). Giunti nel Bistrot, i pastelli offrivano la loro conversazione lavorando al pieno di nulla nella corrente della percezione. Il Maestro seppe parlarmi delle osterie con lo stesso affetto di quando parlava dei suoi anni trascorsi a Parigi. Lo ascoltavo estasiata, era inebriante. Le sue parole, un canto di essenze: Guerlain, Chanel, Patou. L'osteria, dunque, come approdo di anime vaganti, infantili, sagge, ieratiche e solenni.